Le Corbusier e Wright: due modi di concepire architettura. Part 1

Viaggio attraverso la campagna sconfinata americana, l'architettura organica e il razionalismo europeo del '900.

 

Come per qualsiasi forma d'arte o di creazione intellettuale umana, anche per l'architettura è estremamente difficile stabilire criteri univoci che ne definiscano i contenuti o che ci permettano di controllarne il processo di composizione in tutte le sue fasi. Nei confronti dell'arte quindi, è un'ardua impresa formulare dei giudizi critici riconosciuti universalmente. La storia ci insegna che è possibile enunciare valutazioni che tutt'al più possono riscontrare larghi consensi ma non oltre. Ciò è dovuto all'essenza primaria dell'arte che, volendola definire con alcuni aggettivi è: intuizione - genio - sensibilità e conoscenza che si concretizzano e si materializzano. L'arte è quindi incontrollabile, nel senso che sfugge ad ogni controllo precostituito. Un buon lavoro del critico è quindi quello di studiare un'opera non soltanto in riferimento esclusivamente ad un contesto generale ma anche in relazione alle esperienze personali dell'autore che sono quelle per cui egli sviluppa maggiormente sensibilità e conoscenza, piuttosto che genio e intuizione o viceversa, che, nel caso dell'architettura caratterizzano la sua esperienza costruttiva. In questo modo numerosi critici del nostro tempo hanno cercato di spiegare la disputa infinita tra architettura organica del grande architetto americano della prima metà del novecento, Frank Lloyd Wright (F.L.W.),  e il modernismo del grande maestro dell'architettura pressochè contemporaneo al precedente, ovvero lo svizzero, Le Corbusier (L.C.).

Prima di entrare nello specifico e quindi analizzare i due modi di pensare architettura, che sono totalmente diversi tra loro, è necessario fissare un punto fondamentale; cioè dire che Le Corbusier e Frank Lloyd Wright abbiano raggiunto un livello di produzione architettonica immenso è quasi universalmente riconosciuto.

A questo punto viene spontaneo chiedersi: - come è possibile che due architetti di fama mondiale e soprattutto pressoché contemporanei, partendo da due modi di pensare architettura, come si diceva prima, opposti, raggiungano entrambi un livello così elevato di creazione architettonica?

Bruno Zevi nel suo “Saper vedere l’architettura”, cerca di spiegare l’avversità di giudizio nei confronti del tempio greco dei due maestri con il fatto che L.C. è un adulatore del tempio perché guarda la scala umana, l’altro invece vede questo come negazione dello spazio. Infatti continua lo Zevi, “chi indaga il tempio greco architettonicamente, ricercando anzitutto una concezione spaziale, non può che fuggire inorridito additandolo minacciosamente come tipico esemplare di non architettura. Ma chi si avvicina al Partenone e lo ammira come una grande scultura resta incantato come di fronte a poche opere del genio umano.” Questo è uno degli esempi che ci indicano come due diversi metodi indagine, conducano a volte a giudizi discordanti, sebbene entrambi giusti.

Ecco perché è necessario conoscere le esperienze personali dei due maestri. F.L.W. che ha vissuto i primi anni della sua vita nella campagna sconfinata americana, non ha mai rinnegato le sue radici rurali; il contatto fisico con la natura rappresenta una componente fondamentale nella progettazione architettonica che lo accompagnerà per tutta la sua carriera professionale. Al contrario, la formazione professionale di L.C. che era di diciotto anni più giovane di F.L.W. avvenuta prima in Svizzera come decoratore di orologi e poi, sin dai primi anni del ‘900 in giro per l’Europa, è più astratta, più utopica; caratterizzata soprattutto dalla ricerca della perfezione attraverso i volumi puri. Una delle caratteristiche però che accomuna i due architetti nelle loro costruzioni è sicuramente la funzionalità. Perché l’architettura è qualcosa di più rispetto all’arte o per alcuni qualcosa di meno, cioè funzione. Una buona architettura è qualcosa che ci risveglia delle sensazioni in base anche alla funzione a cui deve assolvere; un’opera d’arte o compositiva che sia, invece, non ha altra funzione che non quella di risvegliare appunto le sensazioni nell’autore e nel fruitore. La chiave di lettura quindi della fake watches produzione architettonica dei due maestri è la funzionalità che riescono a raggiungere entrambi sebbene con processi compositivi molto diversi tra loro. Si diceva di F.L.W. che riesce a creare emozioni attraverso una architettura che si plasma con il paesaggio circostante, nasce con esso, ed ha ragione di esistere grazie ad esso. L’architettura di L.C. invece è astratta dall’ambiente attiguo. Le emozioni che riesce a suscitare L.C., sono molto simili a quelle che si provano osservando un dipinto cubista perché i principi di creazione sono simili; la preoccupazione di salvaguardare la corretta sovrapposizione tra le superfici piane, i problemi del volume e quelli del modellato, l'attenzione alla terza e quarta dimensione e ai diversi punti di vista, la scomposizione e ricomposizione della geometria essenziale. In tal proposito è singolare far notare come per F.L.W. era impensabile progettare una casa come invece L.C. si vantava di aver fatto per i suoi genitori: "prima di ricercare un luogo adatto". Osserviamo i due capisaldi dell’architettura dei due maestri, le due ville che li hanno resi famosi in tutto il mondo, naturalmente ci riferiamo alla casa Kaufmann (Bear Run Pensilvania, 1936/37), meglio conosciuta come casa sulla cascata per F.L.W. e la villa Savoye (Poissy, 1928/31) per L.C. Nella prima è racchiusa tutta l’esperienza personale dell’autore, quella già citata in questa trattazione che denota un dominio quasi mistico della natura più selvaggia, ove il fortunato visitatore può inserirsi diventando parte di essa e avendo la sensazione di possedere sotto i piedi lo strumento del controllo assoluto ma al tempo stesso di doverne rispettare le leggi con grande umiltà. Dalla seconda invece, si evince il distacco che L.C. vuole accentuare tra il costruito e cioè l’intervento dell’uomo e ciò che lo circonda cioè la natura. Questo perché a L.C. piaceva pensare alla casa come opera d’arte e quindi fine a se stessa; i pilotis rappresentano la totale indipendenza della casa e di chi la abita da tutto il resto. L’unico rapporto con i luoghi circostanti è quello filtrato dalle finestre a nastro che distinguono l’esterno che è paesaggio e l’interno che è spazio immaginato e vissuto. L’atteggiamento  di L.C. quindi nei confronti della natura poteva sembrare a prima vista di indifferenza o peggio ancora di non curanza, e forse in parte lo era, ma attenzione non era certamente un atteggiamento negativo, perché come egli stesso amava dire “La casa nell’erba, come un oggetto, senza disturbare nulla”; ciò denota un profondo rispetto nei confronti della natura, ma ancora una volta la necessità di elevare l’architettura ad un livello diverso, in qualche maniera che si separasse da tutto il resto e si sopraelevasse in tutta la sua grandiosità, così come erano riusciti a fare i greci nel passato con il Tempio. rolex falsi

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